La grecità calabrese

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Tratti comuni della tradizione greca nella Calabria meridionale

La grecità calabrese affonda le sue radici nel periodo della colonizzazione greca dell’VIII secolo a.C. presso i territori dell’Italia meridionale e della Sicilia che in seguito prenderanno il nome di Magna Grecia per l’alto grado di civiltà raggiunto, tale da sopravanzare, in alcuni casi, la Grecia stessa.

La lingua greca continuò a essere parlata in tutta la Calabria meridionale rappresentata da quella parte della Calabria posta al di sotto della linea immaginaria (isoglossa) che unisce la città di Lamezia, posta sul versante tirrenico, a quella di Catanzaro, che si trova sul versante Jonico. Questa lingua è stata parlata ininterrottamente, alternata a forme di bilinguismo, fino al XV - XVI secolo.

Nella Bovesia è stata la lingua ufficiale, scritta con i caratteri greci, fino al 1572 quando il vescovo di Bova, il cipriota Giulio Stauriano ha soppresso il rito greco-bizantino sostituendolo con quello latino.

Naturalmente il percorso di latinizzazione, peraltro ancora in corso, non si è compiuto in poco tempo, infatti ancora fino alla fine del XVII secolo in alcuni paesi si parlava solo greco che è stato abbandonato soprattutto perché veniva considerato un dialetto e veniva associato a espressioni poco nobili, appannaggio di popolazioni agro-pastorali.

La “fortuna” che abbiamo di ascoltare e di poter studiare il greco di Calabria è dovuta all’isolamento di alcune zone pre-aspromontane della provincia di Reggio Calabria che hanno mantenuto fino ai nostri giorni, tramandato in modo orale da padre in figlio, questo idioma che oggi ha assunto un valore inestimabile all’interno della cultura e della identità dei greci di Calabria tanto da essere candidato a tutela come bene immateriale dell’UNESCO.

Attualmente la lingua greco-calabra è parlata dagli anziani di Roghudi, di Gallicianò, di Bova, di Bova Marina e di Roccaforte oltre cha da decine di giovani e studiosi sparsi all’interno dell’Area Grecanica della provincia di Reggio Calabria che da qualche decennio, attraverso interviste, ascolto di poesie e canti, ne hanno riscoperto la musicalità e la nobiltà contribuendo a ridarle la dignità che per decenni le veniva continuamente calpestata, offesa e maltrattata dalla cultura dominante.

Fino a pochi secoli addietro si scriveva addirittura in dialetto romanzo utilizzando i caratteri greci!

Questo perché al di sotto dell’isoglossa Lamezia-Catanzaro il sostrato linguistico della popolazione è prevalentemente di origine greca mentre a nord della stessa linea il sostrato è prevalentemente latino.

Il sostrato linguistico rappresenta l’influsso che una lingua esercita sulla lingua ufficiale, pertanto nella zona meridionale della Calabria il Greco, la lingua dei vinti, influenza ancora oggi profondamente il romanzo, il dialetto derivato dal Latino, che appartiene alla lingua dei vincitori.

Le prove apportate dagli studiosi che avvalorano questa tesi sono diverse e concordano tutte nell’affermare che le origini della lingua sono magno-greche, che le popolazioni hanno avuto un periodo di bilinguismo, che si sono rafforzate nella propria grecità nel periodo bizantino e che piano piano si sono assottigliate fino a essere completamente sostituite dal Latino e di conseguenza dall’Italiano.

A riprova di queste affermazioni, sussistono argomenti sintattici, lessicali e fonetici che risultano sempre più evidenti mano a mano che si scende verso il sud estremo della Calabria.

Dal punto di vista sintattico abbiamo:

  • L’infinito dei verbi che viene sostituito con una completiva esplicita - per esempio: devo andare a Reggio diventa ‘ndaiu mi vaiu a Riggiu - ècho na pào sto Rìghi questa è la costruzione sintattica greca, greco-calabra e romanza ancora in uso in diversi paesi della Calabria meridionale

  • Il passato remoto al posto del passato prossimo - per esempio: oggi ho mangiato da mio nonno diventa oggi mangiai ‘ndi me nonnu - sìmero èfaga sto pappù mu anche questa è una costruzione sintattica greca, greco-calabra e romanza della Calabria meridionale

  • Il futuro semplice sostituito dal presente - esempio: domani andrò a San Demetrio Corone diventa dumani vaiu a San Demetrio Corone - àvri pào ston Àjo Dimìtri Coròne sia in greco che in grecanico che in romanzo

  • Il condizionale reso con l’imperfetto - esempio: vorrei un bicchiere d’acqua diventa vuliva nu bicchèri d’acqua - ìthela ènan potìri àzze nerò perfetto esempio di greco, grecanico e romanzo

  • Il trapassato prossimo è reso, come in Greco di Calabria con il piucheperfetto - esempio: avevo mangiato prima di andare a San Demetrio Corone - era mangiato prima mi vaiu a San Demetriu Coroni - ìmmo fàonda prìta na pào sto Ajio Demetrio Corone - se avessi saputo che tu eri qua avrei portato il vino - s’era saputu chi tu eri cca era purtatu u vinu - an ìmmo zziporèonda ti esù ìsse òde ìmmo fèronda to crasì stessa costruzione sintattica sia in greco che in romanzo (imperfetto indicativo del verbo essere + participio aoristo)

Dal punto di vista lessicale abbiamo:

  • Toponimi di origine greca - esempio: Ionadi, Ricadi, Pentedattilo, Potamo

  • Antroponimi - esempio: Laganà, Azzarà, Velonà, Papandrea, Papasidero, Piromalli, Fotia, Panahìa.

Dal punto di vista fonetico abbiamo:

  • Cacuminale o retroflessa - esempio: cavallo diventa cavaddhu

Poi abbiamo il cosiddetto vocalismo siciliano, di origine bizantina, che trasforma tutte le e e le o chiuse in i e u - esempio: pesce diventa pisci, candela diventa candila, mondo diventa mundu.

Le e e le o aperte rimangono inalterate nel linguaggio romanzo pertanto abbiamo vento che viene reso con ventu, ponte che diventa ponti, lanterna rimane lanterna, ….

Comunque tutte le parole in romanzo dell’Area Grecanica che terminano in e o in o vengono rese in i e in u e non esistono parole che terminano in e oppure in o.

Tutti gli esempi che abbiamo descritto si riferiscono al linguaggio comunemente parlato dalla popolazione residente nella Calabria meridionale; gli esiti delle stesse frasi e delle stesse parole sono diverse nella Calabria settentrionale avvalorando così la tesi che il sostrato greco ha influenzato il romanzo meridionale ma non quello settentrionale che non ha una forte tradizione greca.

Non dimentichiamo che anche dal punto di vista letterario la Calabria meridionale ha avuto le sue soddisfazioni; il monaco Barlaam di Seminara ha insegnato il greco a Petrarca il quale per riconoscenza lo fece nominare da papa Clemente VI, nel 1342, vescovo di Gerace; anche il suo allievo Leonzio Pilato, grecofono nato a Seminara, ha aiutato Boccaccio nella traduzione delle opere di Omero.

Per tutti i motivi sopra elencati possiamo tranquillamente e senza ombra di dubbio stabilire che Cittanova come Reggio Calabria, come Roghudi, come Stilo, Taurianova, come tutta la Calabria meridionale hanno la stessa origine greca, evidenziata nelle influenze linguistiche del romanzo, nella stessa tradizione culturale, religiosa, musicale, culinaria, archeologica.

Alcuni proverbi della tradizione greco-calabra

  • Ti den èchi fùrro dikòndu den to chortèni to spomì
    Chi non ha forno proprio non si sazia il pane

  • Tis ìpe apòi, den ècame spìti mài
    Chi disse poi, non fece casa mai

  • Sto spìti pu tragudài i pùddha den cànni mài imèra
    Nella casa dove canta la gallina non fa mai giorno

  • San embènni o chimòna màvro ti den èchi spìti
    Quando arriva l’inverno povero chi non ha casa

  • O Thiò èdike tin arrustìa ce tin jatrìa
    Dio ha dato la malattia e la medicina

  • I glòssa stèa den èchi ma stèa clànni
    La lingua non ha ossa ma rompe le ossa

  • To vùdi kràtete an to ceràto ce o àthropo an to lògo
    Il bue si tiene dalle corna e l’uomo dalla parola

  • Mi pài azziplòvito ti spèrri akàttia
    Che non cammini scalzo chi semina spine

  • Na sas avlèzzi o Thiò an ton àcharo kerò, an tin lìssa to sciddhò ce an tin glòssa tos jinekò
    Vi guardi Dio dal cattivo tempo, dalla rabbia delle cagne e dalla lingua delle donne

Una poesia in Greco di Calabria

Ìvra - Ho visto
di Domenico Cuzzucoli

Ìvra ton potamò, tin ròcca, tin ozzìa,
Ìvra ta choràfia, ivra tin vathìa.
Ìvra to chorìo manachòlico ce pricìo,
Ìvra ta spìtia, ìvra tin anglisìa.

Fìlomu, èla n’anoghì an ène òli alìthia
Ti me ton vorèa i siopì cànni ta tragùdia.

Ma àrte ènan pràma den èchi plèn ecì,
Ghirìzonda den ìcua, den ìcua cammìa fonì.

Ìvra tin platìa pu epèzai ta pedìa,
Ìvra to pilàci, ìvra tin putìa.
Ìvra to trappìto me chòrto ce scuriamèno
Ìvra to pigàdi an ton ìglio floghimèno.

Ìvre fìlo dikòmmu, ìto òli alìthia,
me ton vorèa i siopì cànni ta tragùdia.

Ma àrte ènan pràma den èchi plèn ecì,
Ghirìzonda den ìvra, den ìvra tin zoì

 Ho visto il fiume, la rocca, la montagna,
Ho visto la campagna, ho visto la vallata.
Ho visto il paese malinconico e amaro,
Ho visto le case, ho visto la chiesa.

Amico mio, vieni a capire se è tutto vero
Che con il vento il silenzio compone le canzoni.

Ma ora una cosa non c’è più lì
Girando non sento, non sento alcuna voce.

Ho visto la piazza dove giocavano i bambini,
ho visto il palmento, ho visto la bottega.
Ho visto il frantoio erboso e arrugginito.
Ho visto la fontana arroventata dal sole.

Hai visto amico mio, era tutto vero,
con il vento il silenzio compone le canzoni.

Ma ora una cosa non c’è più lì,
girando non ho visto, non ho visto la vita.

 ---
Domenico Cuzzucoli
Ismìa Grèka “Jalò tu Vua” - Bova Marina (RC)

 

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