Una Calabria e tanti viaggiatori

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Esploratori e scrittori che giunsero in Calabria

La Calabria al tempo di Edward Lear, dalla seconda metà del Settecento e per l’intero Ottocento, rappresentò la meta di arrivo e allo stesso tempo l’oggetto di studio e di indagine di numerosi viaggiatori stranieri desiderosi di conoscere le bellezze artistico-culturali, storico-antropologiche e paesaggistiche di questa terra meravigliosa, aspra e forte, descritta nelle cronache europee del tempo come terra di briganti e di pericolo.

Numerosi furono i viaggiatori, gli esploratori e gli scrittori che giunsero in questa terra luogo del mito e della bellezza, culla della Magna Graecia. Tuttavia la Calabria era stata meta dei primi viaggiatori stranieri ancor prima di Lear e Douglas. Infatti i primi viaggiatori avevano cominciato a giungervi già dal XVI secolo e furono soprattutto francesi.

Il primo viandante ad aver raccontato in un’opera letteraria, la sua esperienza di viaggio in Calabria fu un anonimo di Orléans del Cinquecento il quale, oltre a raccontare il paesaggio e le testimonianze magnogreche, ha spiegato come Tropea fosse un centro molto frequentato per via di un medico chirurgo particolarmente abile nella rinoplastica: non conosciamo con che strumenti e metodologie questo chirurgo riuscisse a ricostruire i nasi dei suoi pazienti, ma a leggere questo resoconto pare avesse clienti in tutta Italia e la sua fama fosse grande anche Oltralpe.

Da ciò è possibile dedurre che la Calabria non fosse proprio una landa desolata e inospitale come talune cronache l’hanno quasi sempre descritta ma che sicuramente fosse una terra con una certa vitalità sociale.

Dopo un secolo e mezzo di abbandono, furono gli illuministi a visitare nuovamente il Sud Italia, dandone spesso resoconti più mitici che naturalistici, quasi come se il viaggio in Calabria fosse prevalentemente un viaggio alla ricerca di sé.

Tra loro ricordiamo Jean-Claude Richard abate di Saint-Non, che illustrò nel suo Voyage Pittoresque - Viaggio Pittoresco Sibari, Corigliano Calabro, Rocca Imperiale, Catanzaro, Scilla, Isola di Capo Rizzuto e Catanzaro, l’inglese Henry Swinburne, a cui dobbiamo una descrizione più dettagliata delle iniquità sociali ma anche l’intuizione di un utilizzo più efficace delle terre per le colture autoctone e delle spiagge per i bagnanti, Francois Lenormant che giunse in Italia nel 1866 con lo scopo di visitare e di studiare le antichità della Lucania e della Puglia.

Nel 1879 Lenormant visitò la Calabria partendo da Taranto; nel 1882 attraversò la Basilicata partendo da Catanzaro con destinazione Napoli. I suoi viaggi nel sud Italia sono descritti nei suoi reportage di viaggio, À travers l'Apulie et la Lucanie - Attraverso la Puglia e la Lucania e La Grande Grèce - La Grande Grecia.

Quest'ultima opera ne ispirò almeno altre due: Sulla riva dello Jonio di George Gissing e Old Calabria di Norman Douglas.

Ecco le parole di Francois Lenormant in una sua descrizione del paesaggio intorno alla città dell’antica Ipponio, attuale Vibo Valentia: “Dal punto di vista pittoresco non vi è più bella passeggiata di quella del circuito della Ipponio greca. Nulla di più stupendo del contrasto dei due panorami di cui si gode, percorrendo le due creste, ovest e est, dell'altopiano.

Da un lato vi è il mare che si estende a perdita d'occhio, e lo sguardo segue il litorale graziosamente arrotondato in emiciclo, al di là dei declivi che vi scendono coperti di giardini e sparsi di case bianche. Dall'altro lato, la rupe, che limita l'altopiano, è quasi a picco, e si distingue alla sua base, a 300 metri al di sotto del livello in cui ci troviamo, il villaggio di Stefanaconi, a partire dal quale comincia la pianura fortemente ondulata, attraversata da mille burroni, che ha al centro la valle del Mèsima col suo alveo profondo.”

Nel 1778 Dominique Vivant-Denon, scrittore, incisore, storico dell'arte ed egittologo giunse in Calabria con l’intento, anche in questo caso di scoprire le bellezze storico-artistiche della nostra regione. Nella sua opera egli offre una visione della Calabria che si discosta ancora una volta da quella presentata dalle cronache tradizionali del tempo; Denon ci presenta così una regione particolarmente bella e affascinante dove montagne e pianure si alternano con le loro bellezze e le loro ricchezze, “una terra promessa vista dal deserto; un'immagine dell'età dell'oro, del paradiso terrestre'; 'un giardino delle Esperidi dove tutto è piacevole quanto utile, abbondante quanto ammirevole'; e '...forse il paese dell'universo più bello, più ricco, più fertile e il più completo per ogni specie di produzione”.

Attraverso un itinerario che ci consente di rivivere i paesi della Magna Grecia sino a Reggio per poi proseguire verso l'interno, sino a Morano, Denon ci permette di scoprire una società ormai scomparsa e dei paesaggi in cui il passato sembra leggenda e la leggenda storia.

Un viaggiatore particolarmente attento nella cura delle descrizioni è stato un altro personaggio e scrittore inglese, George Gissing con un’opera dal titolo originale By the Ionian Sea : Notes of a Ramble in Southern Italy - Sulla riva dello Ionio edita in prima edizione nel 1901 nella quale descrive il suo viaggio in Calabria compiuto nel 1897 anche lui come il Lenormant ricercando i luoghi nei quali fiorì la Magna Graecia.

In quest’opera, il viaggio dell'autore inizia nella cittadina campana di Napoli da dove si imbarca per Paola.

Giunto in Calabria fa tappa innanzitutto a Cosenza, attratto dalla leggenda di Alarico, poi si reca a Taranto in treno, ritorna in seguito in Calabria e a Krotone, l'odierna Crotone, ha un grave attacco di malaria. Qui conosce il medico Riccardo Sculco e la guardia civica, responsabile dei giardini pubblici di Giulio Marino, a cui dedica belle pagine.

Ancora convalescente, si reca a Catanzaro, una città di origine bizantina e quindi sulla carta poco interessante agli occhi di un classicista, dove la bellezza della natura e l'ospitalità degli abitanti facilitano il recupero della salute.

Da Catanzaro si reca a Squillace, dove rende omaggio a Cassiodoro, e prosegue infine per Reggio di Calabria, nel cui museo archeologico Gissing trova traccia del passaggio di Lenormant.

L’opera di Gissing dimostra, rispetto ad altre dello stesso genere e anche dello stesso periodo, un dato in più: la descrizione delle genti di Calabria, verso le quali il viaggiatore inglese dimostra simpatia, descrivendone con ammirazione la dignità e la gentilezza. Nell’opera costanti sono i riferimenti all'Italia meridionale post-unitaria, all'evidente decadenza del Sud rispetto agli splendori del passato, all'arroganza delle classi dirigenti, alla modernizzazione che stenta a decollare anche nella nostra regione.

Circa venti anni dopo il Congresso di Vienna, nel 1835, lo scrittore e drammaturgo francese Alexandre Dumas giunse a visitare la Calabria. Nella nostra regione il viaggio di Dumas iniziò sotto falso nome, dopo avere visitato la Sicilia in compagnia del pittore Jadin e del cane Mylord.

Sbarcato a Villa San Giovanni, lo scrittore percorre l’intera regione fino a Cosenza. Tra le tappe principali che sono ben descritte nella sua opera sicuramente meritano di essere ricordate Scilla, Pizzo, Maida, Cosenza, durante le quali Dumas non manca di annotare sul suo taccuino di viaggio, notizie storiche e fantastiche.

Generalmente però, parlando di viaggiatori e di cronache e di diari di viaggio, il riferimento più comune che la critica storico-culturale ha portato avanti in epoca più recente, è stato quello relativo a Norman Douglas, intellettuale britannico che giunse a visitare il Sud Italia nel 1907 raccontando nella sua opera Old Calabria - Vecchia Calabria pubblicata nel 1915 in Inghilterra e giunta in Italia solo nel 1962, le bellezze e gli affascinanti paesaggi di regioni come la Basilicata, la Puglia e la stessa Calabria.

Norman Douglas infatti, appena giunto sul Massiccio del Pollino, ebbe “una visione di pace” perché “queste stupende montagne sembrano fondersi, al tramonto, in una nebbia di ametista”. Da qui poi si lasciò guidare dal suo “compagno”, il fiume Trionfo, sino alla Sila Greca, dove il “paesaggio assume bruscamente un tono epico”.

Qualche ricordo dei suoi luoghi natii accompagna invece la visita di Douglas alla Sila Grande, un “venerando altipiano granitico”, perché “se non fosse per la mancanza dell’erica, qui il viaggiatore potrebbe credere di essere in Iscozia”.

Le Serre Vibonesi appaiono a lui come “un tempio non eretto da mani umane”, dai paesaggi magici e incantevoli, ma è la descrizione della Sila Piccola quale “autentico ‘Urwald’, […] una foresta vergine mai sfiorata da mano umana” a rappresentare il punto di contatto con i tanti viaggiatori del passato.

Un Grand Tour quello che ha visto al centro dei viaggi di tanti celebri personaggi la nostra regione, che ha consentito di conoscere la nostra terra sotto innumerevoli sfaccettature positive valorizzando e facendo così conoscere, in maniera più determinante, l’illustre cultura della Calabria anche al mondo d’Oltralpe.

 

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