Lingue minoritarie: patrimonio inestimabile

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L'estinzione di una lingua è l'estinzione di una specie

Sin dalla sua nascita, l’Unione Europea ha considerato la diversità linguistica un valore fondamentale. La “Carta dei diritti fondamentali dell’U.E.”, approvata nel 2000, ha sancito il pieno rispetto della diversità linguistica (art.22), vietando altresì qualsiasi forma di discriminazione fondata sulla lingua e sull’appartenenza a una minoranza (art.21). L’approccio,  per così dire, “virtuoso” della U.E., verso i diritti linguistici, si deve anche al lavoro svolto nel corso degli anni ’90 dal Consiglio d’Europa con l’adozione della “Carta Europea delle lingue regionali o minoritarie” (1992), entrata in vigore il 1° Marzo 1998, vera “Summa” dei princìpi normativi di tutela elaborati dalla tradizione giuridica europea nell’ultimo cinquantennio.

Inoltre, il documento: “Come la molteplicità delle lingue potrebbe rafforzare l’Europa”, elaborato nel 2007 da un gruppo di personalità  di alto profilo del mondo della cultura, - costituito su iniziativa del Presidente della Comunità Europea e dal Commissario per il Multilinguismo-  spiega in modo estremamente chiaro, perché il rispetto della diversità linguistica costituisca il “fondamento stesso dell’idea europea”. Il documento sostiene, in primis, - anche in omaggio a tutti coloro che lavorano con passione per la tutela e la valorizzazione delle lingue minoritarie - che ogni lingua è il prodotto di un’esperienza storica “unica”, è portatrice di memoria e costituisce il fondamento legittimo di un’identità culturale;  le lingue non sono intercambiabili, nessuna è superflua, di nessuna si può fare a meno…

E’ evidente che l’idea di salvaguardare ogni lingua, risulti indissociabile dall’idea stessa di  un’Europa di pace, di cultura, di prosperità, di universalità…

Possiamo pertanto affermare, che ciascuna  lingua sia  un “museo vivente”, un “monumento” a ogni cultura che si è “servita” di essa, e sarebbe una grave perdita per ciascuno di noi se una frazione,  un “frammento” di questa diversità scomparisse, quando si sarebbe potuto fare molto di più per impedirlo.

Ogni popolo, ogni comunità, ha diritto alla sua lingua e alla conservazione di essa come fondamentale risorsa culturale e alla sua trasmissione alle nuove generazioni.

Secondo alcuni scienziati, l’estinzione di una lingua può essere paragonata all’estinzione di una specie e può essere pertanto vista come una più ampia rappresentazione del collasso dell’ecosistema su scala planetaria. Infatti, le previsioni più pessimistiche, basate sul numero di lingue in stato di obsolescenza o di agonia, valutano che le perdite entro il 2100 aumenteranno al 90%, il che significa che 4500 su 5000 lingue del mondo scompariranno (alcuni studiosi ritengono comunque che  le lingue presenti nel globo siano almeno 6800…).

Nel contempo, il 25% delle specie animali rischia di essere cancellato prima del 2025 e il 50% prima del 2100, in proporzione, dunque, molto simili a quelle delle lingue: un fenomeno di dimensioni spaventose, un vero “olocausto” che viene “perpetrato” senza soluzione di continuità (e purtroppo, apparentemente, nell’indifferenza  generale);  basterebbe solo questo per far nascere o per  “alimentare” la consapevolezza che è, prima di tutto, un dovere morale  contribuire a impedire alle culture umane di sprofondare nell’oblio.

Le lingue, tutte le lingue, anche quelle la cui sopravvivenza è affidata a pochi parlanti, non soltanto meritano di essere protette, ma soccorse e sostenute, non meno delle specie vegetali e animali in via di estinzione.

In conclusione, rientrando in uno spazio più “nazionale”, non intendo omettere la precisazione che la locuzione del titolo: “Lingue Minoritarie…” ( e non: “Minoranze Linguistiche…”), non è assolutamente casuale, poiché, si è voluto sottolineare l’innegabile “valenza riduttiva”, o peggio ancora, “negativa”, del vocabolo “minoranza” con il quale la Legge 482 del 1999 - “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche”- ha inteso individuare le popolazioni parlanti un idioma diverso da quello  comune o generalmente usato nello Stato nel quale vivono e di cui fanno parte.

Se è vero, però, che il sostantivo “minoranza”, utilizzato per definire le “comunità linguistiche diverse da quelle maggioritarie” può indurre a “collocarle” su un piano di inferiorità, è pur vero che, nessun uomo di  scienza si avventurerebbe ad affermare che il “Greco di Calabria”, naturale evoluzione,  nell’attuale Isola Ellenofona dell’Area Grecanica,  della ineguagliabile lingua di Omero,- segmento fondamentale della cultura che è stata l’elemento fondante nella formazione della civiltà occidentale - sia “inferiore” all’italiano, al tedesco, ecc.

Se vogliamo, invero, tutte le lingue del “pianeta” sono “minoritarie”: in rapporto al cinese, lo sono, nel mondo, lo stesso inglese, il francese, lo spagnolo, l’italiano, ecc.

A nessuno verrà però in mente di sostenere che la lingua (e la cultura) inglese, italiana, ecc., sia inferiore (“minus”> “minoritaria”) al cinese. Quando invece il sostantivo (“minoranze”) precedesse l’aggettivo (“linguistiche”), potrebbe scattare in molti - forse anche a livello inconscio - l’inevitabile sillogismo: sono pochi (“minoranze”), dunque, la loro lingua non vale nulla, è priva di cultura, non è una vera lingua...

 

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